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Tecnologia d’avanguardia
per trattare l’uva “con i guanti”

La nuova linea di ricezione e pressatura realizzata da Enoveneta ha permesso a Colesel di triplicare la produzione e migliorare ancora di più la qualità dei suoi spumanti, in primis il Cartizze. Filo conduttore di tutta la progettazione è la preservazione dell’integrità dell’uva.

Un centinaio di ettari nel cuore del Valdobbiadene, a oltre 300 metri di altezza, su colline esposte al sole per molte ore al giorno, costituiscono il tesoro di Colesel. Fondata nel 1865 dalla stessa famiglia che ancora oggi la guida, l’azienda è dedita da più di 70 anni alla produzione di spumanti fra cui il fiore all’occhiello è il Cartizze. Dopo avere ampliato la superficie vitata, la necessità di aumentare quantitativamente la produzione e, nello stesso tempo, alzare ulteriormente l’asticella della qualità ha portato Colesel a installare una nuova linea di ricevimento e pressatura delle uve, realizzata da Enoveneta e facente parte di un più ampio progetto di ampliamento e rinnovo che ha toccato l’intera cantina.

“In una parte dei terreni di nostra proprietà abbiamo creato un nuovo blocco completo di vinificazione e stoccaggio, minimizzandone l’impatto visivo in modo da rispettare i vincoli paesaggistici a cui è sottoposta la zona – racconta Vlady Bortolin, enologo di Colesel ed esponente, insieme al fratello, della quinta generazione della famiglia di proprietari -. Per noi è fondamentale lavorare tutta l’uva che produciamo, in quanto il metodo di vinificazione incide sensibilmente sulle caratteristiche delle basi per i nostri Cartizze Docg, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg e Prosecco Doc. Infatti l’uva Glera, che costituisce la quasi totalità delle uve che utilizziamo, è uno dei vitigni più semplici e meno aromatici, di conseguenza è difficile esaltarne il carattere senza rovinarla. Per questo la tecnologia è importantissima: deve garantire lavorazioni sicure e veloci, in grado di mantenere la qualità delle uve. L’impianto progettato da Enoveneta ha la prerogativa di operare in modo veloce ma anche delicato sulla materia prima, con il risultato di ridurre i processi ossidativi preservando, così, gli aromi primari che poi si trasferiscono nel mosto”.

Velocità, delicatezza e flessibilità

Realizzato su misura per Colesel, l’impianto ha permesso di triplicare la capacità produttiva della cantina, passando da un centinaio di quintali d’uva all’ora a oltre 300 quintali. È costituito da una tramoggia di acciaio inox da circa 250 quintali di capacità che scarica in una seconda profonda tramoggia alla quale è flangiata una pompa a lobi in grado di spingere fino a 500 quintali di uva con estrema delicatezza, riducendo al minimo la produzione di fecce. La pompa alimenta a turno quattro presse a membrana a tank chiuso, modello PPC 70, con canaline interne di sgrondo. Il filo conduttore di tutta la progettazione è la preservazione dell’integrità dell’uva.

“Prima per noi era impensabile non chiarificare mediante l’uso del freddo o con sistemi forzati di flottazione – puntualizza l’enologo – mentre ora, con questo impianto, spesso il mosto esce limpido come l’acqua, privo di impurità grazie alla modalità di movimento della pressa, al particolare disegno delle canaline di sgrondo che favoriscono la fuoriuscita del mosto e alle pompe che riescono a movimentare il vino in modo talmente fluido da ridurre l’ossidazione, tanto che le aggiunte di metabisolfito sono ridotte al minimo. Analizzando i vini base ottenuti abbiamo rilevato valori di anidride solforosa del 30-40% inferiori a quelli dell’annata precedente. Sono risultati importanti”.

L’impianto è apprezzato anche a livello di funzionalità, in particolare per la sua flessibilità. “Non ci sono rigidi programmi preimpostati – prosegue Bortolin -. Sarebbe un limite dal momento che andiamo a cercare la qualità attraverso il nostro personale modo di lavorare le uve. Al contrario, possiamo impostare i programmi in funzione delle nostre specifiche esigenze. Posso veramente decidere la quantità di uva da spremere su un certo carico, a quale pressione, per quanto tempo. Posso scegliere di ottenere diverse qualità di mosto a seconda dei tempi, della pressione, delle rotazioni. Non ci sono limiti alla flessibilità”.

Gli operatori, inoltre, hanno visto un alleggerimento del carico di lavoro grazie allo snellimento dei processi. “Non abbiamo ridotto il personale perché sono aumentati i volumi di produzione – chiarisce il titolare – però si lavora con più tranquillità. C’è più tempo per seguire tutte le fasi con la dovuta calma.

Pulizia e personalizzazione

L’impianto si completa con un sistema di evacuazione della vinaccia esausta tramite convogliatore orizzontale a coclea che termina con un elevatore per lo scarico su contenitori scarrabili. Questo sistema, che va a sostituire lo scivolo manuale precedentemente in uso, permette di scaricare e lavorare l’uva e, nello stesso momento, in modo completamente automatico, scaricare le macchine che hanno terminato il ciclo di pressatura, mentre le acque reflue dei lavaggi scaricano all’interno della tramoggia.

“Non ci sono più vinacce che stazionano sul piazzale – sottolinea Vlady Bortolin – e tutto l’ambiente rimane molto più pulito”. Relativamente all’aspetto della pulizia aggiunge: “Le nuove macchine sono disposte in modo da facilitare l’accesso alle zone di solito più difficili da pulire. Inoltre sono dotate di sistema di lavaggio automatico CIP. Per noi è stata un’esperienza favolosa specialmente con le presse, che sono le più difficili da pulire. Prima per lavare 2 presse alla sera ci volevano almeno 3 ore, più un’altra mezz’ora per il resto dell’impianto. Adesso, invece, in meno di un’ora laviamo tutto e con risultati migliori, senza intervenire manualmente, basta lanciare il programma.

Il nuovo impianto è operativo dalla vendemmia del 2019 e ha lavorato 12 mila quintali di uva, senza alcun fermo macchina. “Durante i primi giorni siamo stati affiancati dagli ingegneri di Enoveneta, che ci hanno aiutato a capire meglio la pressa in modo da riuscire a sfruttarne tutte le potenzialità. Abbiamo vissuto questa esperienza come una collaborazione costruttiva più che come mero rapporto di fornitura. Siamo stati ascoltati nelle nostre esigenze di personalizzazione, che sono state viste come opportunità di crescita per tutti”.